“Mio figlio è Dislessico: ha difficoltà a leggere e non capisce quello che legge”
Questa frase è tipica. L’avrò sentita centinaia di volte in consulenza con genitori di ragazzi e ragazze DSA.
Eppure questa frase nasconde un errore notevole al suo interno: l’attribuzione della difficoltà di comprensione alla Dislessia.
Genitori, per favore, segnate bene in mente quello che sto per dirvi: il dislessico non ha difficoltà di comprensione.
Dottore ma che sta dicendo? Mio figlio i testi non li capisce davvero! C’è scritto anche qui sulla Diagnosi che i livelli di comprensione sono bassi.
Esatto. Suo figlio spesso ha difficoltà a comprendere il testo ma questo non è un problema DELLA Dislessia. È un problema secondario che si manifesta facilmente nel dislessico ma che è ampiamente recuperabile.
Le faccio un esempio: se domani diventasse cieca nell’arco di qualche giorno avrebbe il corpo pieno di lividi a causa degli spigoli dei mobili sui quali va a sbattere, vero? Tuttavia non possiamo dire che i lividi sono causati dalla cecità. Questi sono causati dagli spigoli e dalla mancanza di strategie funzionali ad evitarli. La perdita della vista è il sintomo “vero”, quello primario.
Nel nostro esempio, la Dislessia è la cecità mentre le difficoltà di comprensione sono i lividi.
Nella Dislessia c’è una compromissione delle competenze di lettura (andando ancor più nello specifico, a dirla tutta, il problema non è “nella lettura” ma in alcuni dei requisiti che portano la persona a “saper leggere” e che, a cascata, si riflettono sulla lettura).
Immagini che il cervello abbia una quantità di attenzione X, facciamo finta sia 100. Il cervello ha 100 unità di attenzione disponibili. Bene.
Quando il bambino sta imparando a leggere, intorno ai 6 anni, piazza 95 unità di attenzione su quel compito altamente impegnativo che è rappresentato dalla decifrazione dei simboli che ha davanti. La conseguenza qual è? Che un bambino che impara a leggere ha spesso difficoltà a comprendere ciò che legge perché la sua attenzione è tutta concentrata su un altro compito e solo 5 unità sono piazzate sul compito “comprensione”. Questo elemento è meno palese perché, a quell’età, il bambino impara a leggere su singole parole.
Man mano che il bambino cresce e le sue competenze di lettura aumentano si trova davanti a frasi sempre più lunghe e complesse. Però sa leggere meglio di prima! Questo vuol dire che piazzerà sempre meno “unità attenzione” sul compito “decifrare i simboli” per favorire un’equa proporzione con il compito “comprensione”.
Mi segue? Più il bambino migliora la sua capacità di lettura, più il compito diventa automatizzato e più energie può dedicare alla comprensione del testo.
Cosa succede, invece, nel Dislessico?
Succede che le frasi da leggere si allungano, la complessità delle parole e della costruzione sintattica della frase pure, però le sue competenze di lettura non stanno migliorando di pari passo come in un “normo-lettore” (mi perdoni il termine poco piacevole, ma si dice così).
Quindi, suo figlio o sua figlia, pur avendo 9, 10, 12 o 16 anni, continua a piazzare un altissimo livello di “unità attenzione” sul compito “decifrare il testo” a discapito del compito “comprensione”.
Non ha nessun problema con la comprensione! Ha un problema con la decifrazione del testo e l’ingente sforzo che fa per venirne a capo, gli impedisce di dedicarsi anche all’altro compito contemporaneamente
Ok dottore ma questo è un dettaglio tecnico, in fin dei conti il risultato è che ha difficoltà nella comprensione: è un dato di fatto o no?
Non è affatto un mero dettaglio tecnico. Se la difficoltà fosse nella comprensione, allora non dovrebbe comprendere nemmeno un testo letto da qualcun altro, non dovrebbe comprendere istruzioni che gli vengono fornite oralmente, non dovrebbe comprendere i discorsi che fate in famiglia e invece comprende tutto questo e non comprende solo i testi che legge.
Questo dipinge un quadro molto diverso, conferma che le capacità cognitive e l’intelletto sono nella norma e ci porta ad analizzare il caso di suo figlio ponendoci domande giuste che, a loro volta, orientano soluzioni funzionali.
Se parto dal presupposto che mio figlio, a causa della dislessia, non comprende arriverò a risultati sbagliati nelle mie azioni perché sbagliate sono le premesse. Questi risultati sbagliati porteranno, a loro volta, conseguenze al ragazzo che si sentirà trattato da stupido o da “portatore di un problema” intaccando inevitabilmente il suo senso di autoefficacia ed allontanandolo ancora di più dal compito in una spirale viziosa dove vorrà fare sempre meno e quando farà, sarà sempre peggio. Che poi è il motivo che l’ha portata qui in consulenza: nonostante il quadro dettagliato che le hanno prospettato in diagnosi, manca la spiegazione dei processi mentali e cognitivi. Le hanno dato gli ingredienti ma senza spiegarle la ricetta e suo figlio non è un insieme di dati clinici scritti su una diagnosi: è molto di più e molto di più può fare ed ottenere nella sua vita.
Si, credo di aver capito che intende. Quindi adesso come ci muoviamo? Cosa dobbiamo fare?
Bene, è importante che questo passaggio sia stato compreso perché se voi genitori, per primi, non comprendete davvero bene cosa sta succedendo, allora tutte le azioni successive potrebbero risultare compromesse. Se avete qualche altro dubbio in merito chiedetemi pure, altrimenti possiamo iniziare a stilare un piano d’azione…insieme.
Dr. Marco Catania